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Brugnetti, loro a scoppio ritardato
«E una storia incredibile, ma sono proprio felice: ora posso ricominciare da campione»
MILANO - Ventisette mesi dopo, 825 giorni per lesattezza, Ivano Brugnetti si è scoperto più ricco di circa 100 milioni. Il gentile omaggio, accompagnato da una medaglia doro, gli è stato recapitato laltro ieri sera, quando la Federazione mondiale dellatletica ha riscritto la classifica della 50 chilometri di marcia disputata ai Mondiali di Siviglia la mattina del 25 agosto 1999. Ventisette mesi sono trascorsi da quel giorno e molti avvenimenti si sono succeduti nel piccolo mondo dellatletica: è morto Primo Nebiolo, il boss che ha gestito per ventanni la Iaaf; Ivano Brugnetti, tradito da un overdose di euforia, si era perso tra le nebbie milanesi; un altro Mondiale (Edmonton, Canada, agosto scorso) si è aggiunto allelenco dei grandi eventi atletici. Vero ma paradossale: Ivano Brugnetti, 25 anni, milanese di Bresso, conquista loro iridato del 99 tre mesi dopo il vincitore delloro 2001, il polacco Robert Korzeniowski. Paradossale ma vero: quella delloro postumo è lultima, incredibile gaffe della Iaaf, alla quale va assegnata, in tempi di villaggio globale e di tecnologia spinta, la palma della Federazione più lenta e macchinosa del pianeta sportivo. La vicenda conclusasi martedì sera, con un asettico comunicato proveniente da Montecarlo, comincia una settimana dopo la conclusione della gara del 99: lantidoping del vincitore, German Skurygin, russo, segnala la presenza eccessiva di testosterone. E doping. Si innesca la solita battaglia giuridico-sportiva: il russo, appoggiato dalla propria Federazione, sostiene di avere il livello di testosterone alto per le cure ricevute in seguito a una grave malattia. La Iaaf risponde chiedendo le cartelle cliniche del marciatore. Richiesta accolta: ma le cartelle arrivano incomplete. Il batti e ribatti si fa serrato, il tempo passa e le voci si rincorrono. «Era dal maggio dellanno scorso - dice adesso Ivano Brugnetti - che nellambiente della marcia circolavano certe notizie. Ma dopo un po, visto che non succedeva nulla, mi sono messo il cuore in pace e non ci ho pensato più». La bella sorpresa lha colto dunque semi-preparato: tuttavia quando la Iaaf ha ufficialmente comunicato la sospensione di Skurygin per due anni, depennandolo dallordine darrivo di Siviglia, la promozione a nmedaglia doro oro ha ugualmente riempito di gioia il marciatore milanese. «Diciamo anche per motivi molto pratici» ammette Ivano. Infatti, ora la Iaaf dovrà integrare il premio destinato al vincitore: dai 30 mila dollari spettanti al secondo arrivato ai 60 mila che incassa il primo. E fanno, allincirca, una sessantina di milioni di lire. A questi va aggiunta la differenza di 30 milioni che la Fidal, in base al «tariffario» dellepoca (60 milioni al primo classificato, 30 al secondo) dovrà versare. «A maggio 2002 mi scade il mutuo per la nuova casa - dice Brugnetti - Sono 80 milioni precisi. Ecco perchè questa promozione mi riempie di gioia». La casa da pagare se lè comprata a Sirmione: una scelta dettata dal fatto che il fratello maggiore Luigi fa il poliziotto a Mantova. «E poi - taglia corto il marciatore azzurro - mi piacciono molto quei posti». Ma il Garda può aspettare: il matrimonio con Elisa Di Vincenzo, nazionale juniores di marcia e sua fidanzata, non è stato ancora programmato. Ivano Brugnetti, dopo lexploit di Siviglia (inatteso da tutti, tranne forse che dal suo tecnico Antonio La Torre), si era un po perso nelle nebbie della periferia nord di Milano, il teatro dei suoi allenamenti da fachiro del «tacco e punta». Il 2000 era stato orribile («Spaccava il mondo negli allenamenti, crollava in gara» spiega La Torre), il 2001 peggio ancora. Ritirato allOlimpiade 2000, neppure era stato convocato per i Mondiali di Edmonton. E ai Giochi del Mediterraneo era arrivato ultimo, con lautoambulanza dellassistenza a fargli da scorta. «Avevo perso ogni motivazione» ammette oggi lazzurro. E spiega: «Sarà stata letà giovane, un pizzico di immaturità, lidea di essere arrivato nella vita: fatto sta che, dopo la medaglia spagnola, il primo grande traguardo della mia carriera, il fisico è andato da una parte e la mente dallaltra. Quella medaglia, insomma, mi ha spiazzato». Qualcuno laveva dato per perso. Non Antonio la Torre, il suo mentore: «Ivano, dopo Siviglia, ha pagato tutto lo stress e la fatica accumulata in anni di preparazione. Ha perso, soprattutto, quella che io chiamo lallegria di far fatica. Sembra paradossale, ma è così: per primeggiare nella marcia, bisogna provare la gioia quotidiana di fare fatica, molta fatica». Quella gioia che oggi Ivano Brugnetti sembra aver ritrovato: «Da due mesi mi alleno benissimo - dice - e questa medaglia piovuta dal cielo è uno stimolo in più per rientrare nel mio mondo da protagonista. Voglio tornare ad essere il migliore e sono sicuro di poter centrare il traguardo. Lobiettivo a medio termine sono gli Europei 2002 di Monaco di Baviera. Ma con lo sguado vado anche più in là: lOlimpiade di Atene nel 2004, e forse oltre ancora». Tanti progetti, un solo rimpianto: «Fosse arrivata prima, questa medaglia doro, avrei avuto una "wild card" per i Mondiali in Canada. Avrei partecipato senza togliere il posto a chi lo meritava più di me. Forse, chissà, avrei combinato qualcosa di buono». La Torre però è di avviso diverso: «Lesclusione gli ha fatto bene: è ripartito con motivazioni più forti». Ma che idea sè fatto, Brugnetti, su questa interminabile vicenda? «Le storie di doping - sostiene - sono per natura complicate. Ma qui, devo dire, hanno proprio esagerato! Comunque, tutta questa vicenda rafforza in me la convinzione che il doping, nella marcia, è un fenomeno importante e preoccupante. Mi dispiace per Skurygin, ma la legge è legge: ricordo però che durante la gara il russo mi stupì per il ritmo infernale che aveva imposto. Più che un atleta, mi sembrò un robot». Ottocentoventicinque giorni dopo ha scoperto di avere visto giusto.
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Claudio Colombo
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